Googlando capisce di avere una rara forma di cancro, i medici le sconsigliano di cercare i suoi sintomi su Google: ragazza muore a 19 anni

googlando si autodiagnostica un cancro ma muoreUna ragazza di 19 anni di nome Bronte Doyne ha scoperto tramite una ricerca su Google relativa ai suoi sintomi di avere un cancro al fegato, ma i medici a cui si è rivolta, inizialmente, non le hanno creduto, invitandola a smettere di googlare su questioni mediche così importanti, perché la realtà dei fatti era un’altra. Peccato che dopo 3 mesi le è stato diagnosticato da altri medici quel cancro che lei aveva scoperto tramite un’autodiagnosi, ma purtroppo era troppo tardi e a soli 19 anni, la ragazza di Edwaltn (Nottingham) è morta. Ovviamente sul web si è scatenata la caccia ai responsabili: i medici che non hanno creduto alla giovane paziente, infatti, sono ritenuti colpevoli dalla maggior parte dei media non per aver fatto una diagnosi errata e poco accorta, bensì per non essersi fidati di quello che diceva il web. La notizia della morte della ragazza, dopo 16 mesi di dura lotta e di ricerche su internet che confutassero le prime teorie dei medici, è certamente molto triste e getta diverse responsabilità sulla poca accortezza e professionalità di certi dottori. Resta però il fatto che l’ordine di “smettere di googlare” non sia poi così sbagliato, in termini generici. Sono gli stessi dottori, infatti, che affermano come Google non sia un dottore e non abbia né le risposte né le cure necessarie per risolvere patologie tumorali o di altra natura. Ciò è assolutamente vero: a Bronte Doyne è capitata purtroppo la sfortuna di incappare in dottori poco professionali che non hanno saputo fare il loro mestiere. Google ha tutte le risposte alle nostre domande, infatti, ma non è detto che tutte quelle risposte siano giuste e vere. Il motore di ricerca di Mountain View non è in grado di fare accertamenti, né analisi: quelle le devono fare i dottori. Per questo, i medici invitano i pazienti di non cercare troppo su Google, al fine di non incappare in terapie o soluzioni sbagliate. Certamente, se i primi medici a cui la Doyne si è rivolta, avessero fatto seriamente il loro lavoro e avrebbero ascoltato di più la paziente – e anche quella di non ascoltare, a volte, è sì una colpa di certi dottori – forse la Doyne si sarebbe potuta salvare, o forse no perché sarebbe stato comunque troppo tardi. La conclusione è che se i pazienti dovrebbero smettere di googlare informazioni sulla propria salute, i dottori dovrebbero ascoltare di più.

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