L’Italia è in ripresa, la recessione è alle spalle

lItalia %C3%A8 in ripresa recessione alle spalleLa recessione è finita. Adesso anche l’Istat certifica la svolta: nel primo trimestre di quest’anno, in base alle stime preliminari diffuse questa mattina, il prodotto interno è infatti cresciuto dello 0,3%, ben oltre le aspettative, che parlavano al massimo di un +0,2%,, e allo stesso livello della Germania, paese che invece non ha rispettato le previsioni che la davano a +0,5%. Per l’Italia, segnala l’Istat, si tratta del primo incremento significativo da inizio 2011, ed è risultato invariato rispetto al primo trimestre del 2014, il primo risultato non negativo dopo 13 trimestri col segno meno. Il primo trimestre ha avuto una giornata lavorativa in meno del trimestre precedente e lo stesso numero rispetto al primo trimestre 2014. Con questi dati la variazione acquisita 2015 è pari a 0,2%. «È una chiara inversione di tendenza», commentano all’Istat, anche se secondo gli esperti tecnicamente è necessario che si susseguano due trimestri di crescita per decretare la fine della recessione (il Pil del quarto trimestre 2014 è risultato invariato su base congiunturale e -0,5% su base tendenziale). La crescita congiunturale, evidenzia ancora l’Istituto di statistica, è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell’agricoltura e dell’industria e di una sostanziale stazionarietà nei servizi. Dal lato della domanda, l’Istat ha registrato un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) maggiore dell’apporto negativo della domanda estera netta. «L’Italia è uscita dalla recessione» aveva anticipato solo pochi gironi fa il ministro Pier Carlo Padoan in una audizione al Senato. Il governo giustamente festeggia, e piazza Affari ha subito fatto segnare un balzo in avanti, ma molti osservatori restano ancora cauti visto che tutte le previsioni per l’intera annata – da quelle dell’esecutivo a quelle di Fmi e Commissione Ue – disegnano una ripresa italiana attestata sul +0,6/0,7% ovvero su livelli più o meno la metà della maggior parte del resto dell’Eurozona. «Quello che sorprende non è che l’Italia sia tornata a crescere, ma quanto poco stia crescendo» osservava nei giorni scorsi l’economista Luigi Zingales. Secondo il quale un’economia che esca da una recessione come quella sperimentata dal nostro paese dovrebbe crescere almeno del 2-3 per cento l’anno, invece dello 0,6% stimato da Bruxelles. E’ chiaro che questa “fiammata” di inizio anno fa ben sperare e probabilmente porterà nei prossimi mesi a rivedere al rialzo le stime per il 2015, con una economia che tra l’altro beneficerà sempre più di importanti fattori esterni, come il calo dei tassi e l’indebolimento dell’euro frutto degli interventi della Bce, oltre al calo del prezzo del petrolio. Già nei giorni scorsi erano stati i dati sulla produzione industriale di marzo a far dire a molti analisti che il primo trimestre avrebbe superato le attese. Anche se poi a conti fatti nessuno si spingeva oltre un +0,2%. “L’aumento della produzione industriale di marzo e la revisione al rialzo di quello di febbraio danno luogo a un primo trimestre nella manifattura migliore delle attese”, aveva certificato il capo economista di Nomisma Sergio De Nardis. Secondo l’Ufficio Studi di Confcommercio «la quinta variazione positiva registrata negli ultimi sei mesi ha portato a due trimestri consecutivi di crescita dei livelli produttivi. Al miglioramento hanno contribuito anche i beni di consumo, evoluzione che lascia sperare in uno sviluppo non solo delle esportazioni, ma anche in un’accelerazione della spesa per consumi». Quanto basta, insomma, per sostenere l’aumento del Pil.  La ripresa vera, più forte, si presenterà nella seconda parte dell’anno e accelererà negli anni a venire mettendo a segno un +1,2% nel 2016 e un +1,3% nel 2017. «Le prospettive di breve termine – spiegavano nei giorni scorsi i tecnici l’istituto di statistica – indicano una ripresa dei ritmi produttivi, legata sia all’impulso favorevole delle componenti esogene, come l’evoluzione positiva del ciclo internazionale e il deprezzamento dell’euro, sia alla ripresa della domanda interna, sostenuta dai bassi prezzi dell’energia e dall’atteso miglioramento delle condizioni del credito».

Lascia un commento