La maschera è la rappresentazione più evidente della condanna dell’individuo a recitare sempre la stessa parte, imposta dall’esterno, sulla base di convenzioni che reggono l’esistenza della massa. Quando il personaggio scopre di essere calato in una forma determinata da un atto accaduto una sola volta e di essere riconosciuto attraverso quell’ atto e identificato in esso cade in una condizione angosciosa senza fine, perché si rende conto che: la realtà di un momento è destinata a cambiare nel momento successivo la realtà è un’illusione perché non si identifica in nessuna delle forme che gli altri gli hanno dato. È nella maschera che ritroviamo un contrasto più profondo fra illusione e realtà, fra l’illusione che la propria realtà sia uguale per tutti e la realtà che si vive in una forma, dalla quale il personaggio non potrà mai salvarsi. Nella società l’unico modo per evitare l’isolamento è il mantenimento della maschera quando un personaggio cerca di rompere la forma, o quando ha capito il gioco, viene allontanato, rifiutato, non può più trovare posto nella massa in quanto si porrebbe come elemento di disturbo in seno a quel vivere apparentemente rispettabile. Quando interviene l’accidente che libera il personaggio, tutti pensano che la diversità di comportamento sia dovuta all’improvvisa alienazione mentale del personaggio, a una sua forma di follia che scatena in tutti il riso, perché non è comprensibile da parte della massa. Solo la follia permette al personaggio il contatto vero con la natura (quel mondo esterno alle vicende umane nel quale si può trovare la pace dello spirito) e la possibilità di scoprire che rifiutando il mondo si può scoprire se stessi. Ma questi contatti sono solo momenti passeggeri, spesso irripetibili perché troppo forte il legame con le norme della società..
L. P.