Geloso alla follia, le avrebbe impedito anche di lavarsi. Sarà processato un 30enne di Senigallia, accusato di istigazione al suicidio e violenza sessuale. La complessa storia è stata al centro della puntata di “Chi l’ha visto?” andata in onda su Rai3 mercoledì sera. A chiedere l’aiuto della popolare trasmissione «per uscire dal silenzio» e «denunciare con coraggio» quanto accaduto sono stati i genitori proprio della ragazza vittima e moglie del carnefice, oggi 22enne. I genitori di lei hanno raccontato, mostrando i documenti processuali, referti medici e verbali del Commissariato di Senigallia, una dolorosa vicenda iniziata quando la loro figlia aveva appena 15 anni. Dall’incontro con quello che apparentemente sembrava un ragazzo come tanti altri, seppure più grande di 10 anni, al progressivo isolamento della ragazza, ai segni di violenza sul corpo fino ad un tentativo di suicidio. Per un periodo i genitori sono riusciti anche ad allontanare la figlia, proteggendola in una casa-comunità a Roma. Una volta tornata a Senigallia però la giovane ha ripreso a frequentare il ragazzo fino a quando, diventata maggiorenne, l’ha sposato. La ragazza oggi non ha più contatti con la famiglia, pur continuando a vivere in città, e ha sempre difeso il marito negando che i fatti attribuiti al compagno fossero veri. A confermare però la versione dei genitori della ragazza c’è la testimonianza di una seconda giovane che ha avuto una storia con lo stesso ragazzo e che ha subito per anni violenze, vessazioni psicologiche, l’allontanamento dai familiari e anche l’istigazione al suicidio. Sono proprio le parole della giovane, rilasciate ai microfoni di Federica Sciarelli. «Una ragazza che non ha ancora superato il ricordo di quegli anni» ha sottolineato l’avvocato che la assiste Domenico Liso. «Quando abbiamo iniziato a frequentarci avevo 16 anni e lui 25 – racconta la ragazza oggi 24enne – all’inizio sembrava normale poi la prima violenza sessuale, nel bar di un autogrill. Mi ha colpita a calci e pugni e poi mi ha violentata». Da li inizia l’incubo. La ragazza era costretta a non lavarsi (lo ha fatto per un anno e mezzo), non doveva parlare con nessuno, non doveva rivolgere parola ai familiari. Veniva costantemente picchiata, doveva trascorrere la giornata a casa del suo aguzzino dove viveva con i genitori e la nonna.