È questa la quota dell’Isee al di sotto della quale si matura il diritto per accedere al reddito di cittadinanza, la misura «anti povertà» fortemente voluta dai 5 Stelle. L’assegno pieno di 780 euro andrà a una platea di 450 mila persone circa. Sarà escluso anche chi, pur avendo Isee inferiore a 9 mila euro, è proprietario di una seconda casa, mentre la titolarità di una prima casa incide sul sussidio, facendolo scendere da 780 a circa 500 euro. Altro motivo di esclusione è un conto corrente con più di 5 mila euro in contanti, va detto che per evitare «furbate» e prelievi dell’ultimo minuto verrà fatta una fotografia della posizione bancaria che risalga indietro nel tempo. Infine, ogni altra prestazione assistenziale, statale o comunale verrà detratta dal sussidio.
Fino a 20 mila euro
È questo il limite Isee per accedere alla «pace fiscale», per cittadini o professionisti (comunque persone fisiche). Lo stralcio delle cartelle derivanti dalla liquidazione delle dichiarazioni annuali di Iva e redditi e dai contributi previdenziali non versati (in questa ultima versione della misura non sono previsti tetti all’importo del debito sanabile) vede tre scaglioni di «sconti». Per chi ha un Isee tra i 12.500 e i 20 mila euro, appunto, lo sconto è del 65%; per chi ha un Isee tra i 12.500 e gli 8.500 mila, si sconterà l’80% del debito; lo sconto è dell’84% per chi ha un reddito Isee fino a 8.500 euro. Sempre nella legge di Bilancio si prevede la possibilità di sanare gli errori formali. Sono escluse dal saldo le spese esecutive e di notifica delle cartelle. Lo stralcio si può chiedere entro il 30 aprile 2019. Chi pagherà le somme residue potrà farlo in cinque rate, entro il luglio 2021, o in un’unica soluzione entro il 30 novembre 2019.
Da 65 mila euro e fino a 100 mila euro
La manovra introduce la flat tax sulle partite Iva, che estende l’attuale regime forfettario riservato ai minimi. A beneficiarne saranno piccoli imprenditori, i lavoratori autonomi e i professionisti. Sui ricavi fino a 65 mila euro questi contribuenti pagheranno una tassa piatta del 15%, che assorbe anche l’Iva e i contributi, mentre sulla quota di reddito che va tra 65 e 100 mila euro, l’aliquota sale al 20% (e non è più onnicomprensiva). Dal nuovo regime vengono esclusi coloro che svolgono attività di consulenza nei confronti dei datori di lavoro dipendente ed i titolari di quote societarie. Ma salta il tetto dei 30 mila euro di reddito da lavoro dipendente che finora impediva l’apertura di una partita Iva.
Oltre i 100 mila e fino a 500 mila euro
Il taglio delle cosiddette «pensioni d’oro» — cioè degli assegni previdenziali al di sopra della soglia simbolica — è stato un altro dei provvedimenti bandiera dei pentastellati, mentre sul fronte della Lega ha suscitato perplessità. Alla fine del lungo percorso, secondo l’emendamento arrivato al Senato e che dovrà passare alla Camera, la misura sarà valida per cinque anni a partire dal 2019. Il taglio sarà scadenzato in relazione a quanto percepito. Sarà pari al 15% per coloro che hanno reddito compresi tra i 100 mila e i 130 mila euro l’anno lordi e arriverà fino a un massimo del 40% per quelle superiori ai 500 mila euro. Nel dettaglio è prevista una trattenuta pari al 25% per gli assegni compresi tra 130.001 e 200 mila euro l’anno lordi. Del 30% per tutti quelli compresi invece tra 200.001 e 350 mila euro e del 35% t ra i 350.001 e i 500 mila euro.
Pensioni oltre i 1500 euro al mese
Chi oggi riceve una pensione fino a 1.522 euro, pari quindi a tre volte il trattamento minimo, potrà continuare a contare sulla rivalutazione legata all’inflazione. Il nuovo meccanismo introdotto in manovra, invece, prevede una stretta a danno di chi percepisce assegni superiori. In particolare, sono sei le fasce di indicizzazione: per chi ha l’assegno compreso tra tre e quattro volte la minima, la rivalutazione non sarà al cento per cento bensì al 97%. La percentuale scende al 77% per le pensioni comprese tra quattro e cinque volte la minima, mentre al 52% se l’assegno è tra cinque e sei volte il livello minimo. Avanti di questo passo, la percentuale scende al 47% per le pensioni tra sei e otto volte il minimo e al 45% per chi riceve una pensione tra otto e nove volte il minimo. La stretta termina con una gelata al 40% se la pensione è sopra le nove volte il minimo. Questa misura, che porterà a risparmi fino a 2,29 miliardi nel triennio 2019-2021, è stata però criticata, tra gli altri, dalle Acli perché «rischia di penalizzare un ceto medio che sta andando verso la soglia di povertà».