Si è dimesso da segretario regionale del Pd sardo Renato Soru. La decisione è arrivata subito dopo la condanna a tre anni di reclusione per evasione fiscale. La sentenza è stata emessa dal giudice del tribunale di Cagliari Sandra Lepore. Il pm Andrea Massidda aveva sollecitato una condanna a quattro anni dell’europarlamentare e segretario regionale del Pd, accusato di una evasione di 2,6 milioni di euro nell’ambito di un prestito fatto dalla società Andalas Ldt (sempre di Soru) a Tiscali. “Una sentenza ingiusta dal mio punto di vista, non me l’aspettavo, mi aspettavo di essere assolto”, ha commentato Soru appena uscito dall’aula del tribunale di Cagliari, anticipando l’idea di dimettersi da segretario dem: “Penso a tante cose, tra cui questa. È un momento molto grave della mia vita. Adesso andrò a casa, voglio stare un poco da solo. Non credo di aver commesso reati credo sia una sentenza che spero venga ribaltata nelle altre fasi del processo”. Subito dopo la sentenza è arrivato l’attacco dl Movimento 5 stelle e l’invito a dimettersi indirizzato non solo al segretario ma a tutto il Pd: “Oggi tocca a Renato Soru, europarlamentare e capo del Pd in Sardegna: tre anni di reclusione per evasione fiscale” recita un post sul blog di Beppe Grillo dal titolo ‘l’#eurocondannatopd del giorno: Renato Soru’. “Dopo l’euroindagato per voto di scambio mafioso Caputo, il gruppo del Pd a Bruxelles si ingrossa con un eurocondannato. Cosa aspettano a dimettersi? l’epopea immorale del Pd continua. Chi sarà il prossimo?”. Le indagini condotte dalle Fiamme Gialle erano scattate dopo un servizio della trasmissione “Anno Zero” di Michele Santoro del 2009. Un servizio giornalistico incentrato su una serie di operazioni finanziarie condotte da operatori italiani all’estero. Secondo l’accusa la Andalas Ldt con sede a Londra aveva un capitale sociale di due sterline, non era operativa e non avrebbe pagato imposte né nel Regno Unito né in Italia, ma sarebbe stata utilizzata solamente per prestare circa 27 milioni di euro a Tiscali. “Ovvero Soru che presta i soldi a se stesso”, aveva detto in aula il pm titolare dell’inchiesta aperta nel 2010. La società inglese operava con un conto italiano sul quale venivano incassati i soldi della restituzione del prestito a Tiscali e gli interessi.