Il giornalista Lamberto Sposini, colpito da ictus il 29 aprile del 2011, ha presentato ricorso in appello contro la Rai per «ottenere risarcimento» in conseguenza di errori e negligenze nelle primissime cure che sarebbero state commesse allorché fu soccorso poco prima che andasse in onda il programma “La vita in diretta” da lui condotto. Il processo è stato fissato al 5 luglio del 2016 davanti alla Corte d’Appello di Roma in funzione di tribunale del lavoro. Sposini chiede un risarcimento di oltre 10 milioni di euro. In primo grado la domanda di risarcimento era stata rigettata in quanto il giudice Maria Pia Magaldi, il 26 febbraio scorso, aveva stabilito che né la Rai né i primi soccorritori potevano essere giudicati responsabili di errori nelle cure. «Sia che si trattasse di infarto sia che si trattasse di ictus ischemico o emorragico – scrive il giudice nelle motivazioni di primo grado – certamente presso uno studio televisivo non potevano essere presenti le sofisticate attrezzature necessarie a stabilizzare il paziente e ciò è tanto più vero ove si consideri che lo stesso ospedale Santo Spirito non era attrezzato per quel tipo di intervento, al punto che il ricorrente, una volta effettuata una tac diagnostica, è stato trasferito presso altro nosocomio». Nel giudizio saranno presenti come ricorrenti anche la figlia di Sposini, Francesca, e Sabina Donadio, moglie del giornalista in rappresentanza dell’altra figlia minorenne. In giudizio sono citate anche tre compagnie di assicurazioni già chiamate in causa nel processo di primo grado.