“Relazioni false” per allontanare i bambini dalle famiglie e darli in affido ad amici e conoscenti. “Lavaggi del cervello” durante le sedute di psicoterapia ai minori. Che sarebbero stati suggestionati anche con “l’uso di impulsi elettrici spacciati come macchinetta dei ricordi”. L’intero settore dell’affido dei minori a Reggio Emilia è finito sotto accusa nell’ambito dell’inchiesta “Angeli e Demoni”. Sedici persone legate alla rete dei servizi sociali della Val D’Enza sono state destinatarie di misure cautelari e 26 le persone iscritte nel registro degli indagati dalla pm Valentina Salvi. Tra loro il sindaco Pd di Bibbiano, Andrea Carletti, appena rieletto, è finito ai domiciliari, ma anche politici, medici, assistenti sociali, liberi professionisti, psicologi e psicoterapeuti della onlus Hansel & Gretel di Moncalieri (Torino). Tra i reati contestati ci sonofrode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamento su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso. Quello ricostruito dagli investigatori è un giro d’affari di centinaia di migliaia di euro, in gran parte relativo ai programmi di formazione che svolgeva la onlus.
“Casi di stupro presso famiglie affidatarie” – I dettagli dell’indagini sono stati diffusi dai carabinieri con un lungo e dettagliato comunicato stampa. In un primo momento era stata prevista una conferenza stampa, che però è stata annullata all’ultimo momento. Durante l’inchiesta sono stati accertati due casi di stupro presso le famiglie affidatarie e in comunità, dopo l’illegittimo allontanamento. Per uno di questi casi, è accusato il cugino di una coppia affidataria. Tra i reati contestati, in particolare, quello di lesioni gravissime ai minori in relazione ai traumi loro provocati. A riguardo alcuni di loro, oggi adolescenti, manifestano profondi segni di disagio (tossicodipendenza e gesti di autolesionismo). Diversi i metodi che per l’accusa sarebbero stati adottati nei confronti dei bambini al fine di allontanarli dai genitori, per poi mantenerli in affido e sottoporli ad un circuito di cure private a pagamento. Tra questi, spiegano i militari “innocenti disegni dei bambini falsificati” attraverso la mirata “aggiunta” di dettagli a carattere sessuale, abitazioni descritte falsamente come fatiscenti, stati emotivi dei piccoli artatamente relazionati, travestimenti dei terapeuti da personaggi “cattivi” delle fiabe messi in scena ai minori in rappresentazione dei genitori intenti a fargli del male, denigrazione della figura paterna e materna. E poi decine i regali e le lettere di affetto, consegnati negli anni da parte dei genitori naturali, che i carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato in un magazzino dove erano nascosti, che gli appartenenti ai Servizi Sociali indagati omettevano di consegnare ai piccoli”. “Alla onlus finanziamenti regionali” – Alcuni degli indagati sono finiti sotto inchiesta con l’accusa di essersi avvantaggiati dell’indotto derivante dalla gestione dei minori attraverso i finanziamenti regionali, grazie ai quali venivano, inoltre, organizzati anche numerosi corsi di formazione e convegni ad appannaggio della stessa onlus. Nel dettaglio sei persone sono state sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari, tra cui il sindaco, una responsabile del Servizio Sociale Integrato di una Unione di Comuni, una coordinatrice del medesimo servizio, una assistente sociale e due psicoterapeuti di una onlus. Otto misure cautelari di natura interdittiva, costituite dal divieto temporaneo di esercitare attività professionali sono state eseguite a carico di altrettanti soggetti, nelle relative qualità di dirigenti comunali, operatori socio-sanitari, educatori. Infine altre due misure coercitive del divieto di avvicinamento ad un minore è stata eseguita a carico di una coppia affidataria accusata di maltrattamenti.
“Indagine nate da escalation di denunce” – Le indagini sono iniziate alla fine dell’estate del 2018 dopo l’anomala escalation di denunce per ipotesi di reati di abusi sessuali e violenze a danni di minori commessi da parte dei genitori. Ipotesi che poi si rivelavano sistematicamente infondate. Da quel momento è partita l’inchiesta dei carabinieri e del pm Salvi. Secondo gli inquirenti si realizzava la diagnosi di una mhirata patologia post traumatica a carico dei minori, condizione questa necessaria a garantirne la prese in carico da parte della onlus. Il pagamento delle prestazioni psicoterapeutiche avveniva quindi in assenza di procedura d’appalto: gli affidatari venivano incaricati dai Servizi Sociali per accompagnare i bambini alle sedute private di psicoterapia e di pagare le relative fatture a proprio nome.
“Uso di apparecchiature elettriche per gestione mente” –L’inchiesta dei carabinieri ha ricostruito ore ed ore di sedute di terapia sui bambini, anche attraverso l’utilizzo di apparecchiature elettriche loro spacciate come strumenti in grado di garantire alla terapeuta la gestione della mente e il recupero dei ricordi. “Ai bimbi – spiega la nota dei carabinieri – veniva inoltre riferito che era assolutamente necessario far riemergere ‘le brutte cose’commesse dai genitori e ciò proprio in prossimità delle testimonianze che i bambini avrebbero poi reso alla competente Autorità Giudiziaria. In alcuni casi la terapeuta non risparmiava ai minori i dettagli dei propri fantasiosi racconti (spacciandoli come il contenuto da lei “letto” nella mente dei piccoli). Durante le sedute di psicoterapia le terapeute spiegavano ai bambini che ogni loro comportamento era legato alle traumatiche esperienze vissute in passato”.
“La psicoterapeuta alla bimba: ‘Sei stata stuprata da tuo padre’” – Secondo quanto sostenuto dal gip nell’ordinanza di applicazione delle misure cautelari, la psicoterapeuta “dichiarava sistematicamente alla minore che quest’ultima aveva subito comportamenti sessuali quando era piccola da parte di un uomo di cui lei si fidava e che si era approfittato di lei, con inequivocabili riferimenti al padre, aggiungendo che si trattava di traumi presenti nella sua mente e che era necessario tirare fuori. Suggeriva ripetutamente la necessità di svuotare gli ‘scatoloni’ metaforicamente presenti nella cantina dei propri ricordi alcuni dei quali chiamati ‘papà’ e ‘sesso’, promettendole benessere e ulteriori vantaggi qualora la bimba li avesse ‘svuotati’”. Il lavaggio del cervello descritto dal gip nell’ordinanza di applicazione delle misure cautelari e fatto dalla psicoterapeuta ai minori, una in particolare, era continuo e diretto non solo a convincere la bambina della fortuna di esser stata strappata via ai suoi genitori naturali, ma anche i periti, inevitabilmente indotti in errore. “Sosteneva in più occasioni (…) che la madre della piccola fosse una prostituta – scrive il giudice – che nessuno dei due genitori si era mai occupato di lei e che entrambi non sapessero alcunché delle sue esigenze e dei suoi desideri”. Una delle donne destinatarie dell’ordinanza di applicazione delle misure cautelari emessa dal gip del tribunale di Reggio Emilia, psicoterapeuta, “raccontava al perito asseriti sintomi dissociativi della bambina omettendo di riferire la sintomatologia a lei nota di epilessia (…) dichiarava di aver osservato personalmente nella minore, durante le sedute di psicoterapia, comportamenti aggressivi e sessualizzati contrariamente al vero trattandosi di circostanze riferitele dalle affidatarie”. “Ribadiva sistematicamente alla bambina il contesto pregiudizievole dalla medesima vissuto quando abitava con i genitori – si legge ancora – a fronte della richiesta esternata dalla minore di fornirle spiegazioni circa l’impossibilità di incontrare il padre”.
“A una bambina ordinato di nascondersi in auto per non incontrare i genitori” – “Le affidatarie, mediante l’attiva partecipazione alle sedute di psicoterapia (…) insistevano con la minore ribadendo quanto da lei subito presso la famiglia di origine; colpevolizzavano la bambina, talvolta anche attraverso urla feroci e parolacce, di dover al più presto svuotare la cantina dei ricordi in quanto causa delle sofferenze che col suo comportamento infliggeva inconsciamente alle stesse affidatarie – si legge nell’ordinanza del Gip – denigravano sistematicamente le figure genitoriali della piccola, incutevano alla bambina la paura e il timore di casuali possibilità di incontro con i genitori, ordinandole di nascondersi all’interno dell’auto e di non frequentare determinati luoghi per evitare di essere vista dai genitori”. Così come l’assistente sociale dell’Unione Comuni Val d’Enza e la dirigente del servizio “diradavano gli incontri tra la minore e i propri genitori – scrive il Gip nell’ordinanza – per poi interromperli anche per lunghissimi periodi senza alcuna reale e legittima motivazione, isolando la bambina e impedendo altresì lo scambio di corrispondenza e regali anche in occasione di particolari ricorrenze”.
“Dagli indagati scaltrezza e accorgimenti contro le indagini” – Gli indagati coinvolti nell’inchiesta ‘Angeli e Demoni’ “hanno avuto una percezione abbastanza precoce della esistenza di indagini a loro carico, così da porre in essere accorgimenti che hanno reso necessario proseguire le intercettazioni tramite captatore informatico, così dimostrando la loro assoluta scaltrezza e conoscenza concreta dei metodi di indagine”. Si legge sempre nell’ordinanza del gip. In generale, poi, “tutti gli indagati hanno già posto in essere specifici reati, relativi alle indagini sui minori ipoteticamente ‘abusati’ ponendo in essere una serie di condotte di falso ideologico e di frode processuale o depistaggio(riguardante quei procedimenti) che chiaramente li dipinge come capaci sicuramente di influenzare le indagini anche relative a se stessi: se infatti non si sono fatti scrupoli di utilizzare la propria posizione funzionale per suggestionare i minori loro affidati o da loro curati o per supportare tesi accusatorie dubbie con false rappresentazioni della realtà -si legge nel documento- non si vede perché non dovrebbero a fortiori tentare di alterare il compendio probatorio relativo alla presente indagine, avendone il know how: va sottolineato che molte delle fonti di prova sono costituite da documenti esistenti presso il servizio sociale ovvero dalle dichiarazioni testimoniali di psicologi e assistenti sociali collaboratori del servizio ovvero dei genitori naturali o degli affidatari”.
Giunta Bibbiano: “Solidarietà al sindaco”. Assistenti sociali: “Noi parte civile” – “Esprimiamo la piena solidarietà e vicinanza al nostro sindaco Andrea Carletti, che ha sempre dimostrato attenzione e cuore verso tematiche che anche noi riteniamo prioritarie: legalità, trasparenza e cura per le persone”, scrive in una nota la giunta del comune di Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia. “Abbiamo assoluta certezza che Andrea – prosegue la giunta – abbia sempre operato nel rispetto delle norme. La nostra fiducia incondizionata va al lavoro della Magistratura, che ci auguriamo faccia luce sui fatti al più presto. Prima che come sindaco, conosciamo Andrea come uomo e siamo assolutamente convinti della sua estraneità ai fatti”. Il presidente del Consiglio dell’ordine degli assistenti sociali Gianmario Gazzi ha detto che l’ordine si costituirà parte civile: “Non si trasformi in polemica politica”, si legge in una nota, “una vicenda raccapricciante che vede come vittime dei minori. Come presidente dell’Ordine degli assistenti sociali rifiuto i processi sommari che già vedo celebrarsi verso le categorie che sarebbero coinvolte nei fatti della Val D’Enza, ma ripeto con grande forza che se si accerterà la colpevolezza di nostri professionisti saremo in prima fila, come sempre, per difendere le bambine e i bambini che non sono stati protetti”.