Su Marte c’erano fiumi impetuosi, la prova è nella forma dei sassi. (Le foto del video scattate da HiRISE, il telescopio installato sulla sonda Mars Reconnaissance Orbiter)

Su Marte cerano fiumi impetuosiMarte è un pianeta che ancora oggi potrebbe celare dei luoghi in cui, grazie alla presenza di acqua in forma liquida, si trovano tracce di vita organica. In un lontano passato il Pianeta Rosso era tuttavia più simile alla Terra di quanto non ci si aspetterebbe da un mondo così lontano dalla sua stella. Secondo Douglas Jerolmack, geofisico presso l’University of Pennsylvania, e il suo collaboratore Gábor Domokos, matematico della Budapest University of Technology and Economics, i dati raccolti fino dal rover Curiosity parlano chiaro: 3 miliardi di anni fa su Marte scorrevano enormi fiumi impetuosi. La conferma arriverebbe da antichissimi letti ormai aridi ricchi di ciottoli straordinariamente tondi e lisci. I due ricercatori, che hanno visto i risultati del proprio lavoro pubblicati sulle pagine della rivista scientifica Nature Communications, sono certi che il pianeta fosse un tempo caratterizzato da un sistema fluviale molto esteso. Per arrivare a tale conclusione Jerolmack e Domokos hanno sviluppato un metodo che, partendo della forma dei ciottoli analizzati da Curiosity, ha permesso di calcolare con precisione la distanza percorsa dagli stessi mentre venivano trascinati dalle correnti. Tale approccio, che i due scienziati ritengono possa essere utilizzato sulla Terra per localizzare con precisione un giacimento aureo. Lo sviluppo del metodo di calcolo è stato possibile, evidenziano gli stessi esperti, successivamente alla scoperta del Gomboc, un curioso oggetto tridimensionale (un solido convesso di densità uniforme) che, se poggiato su una superficie piana, ha un solo punto di equilibrio stabile e un solo punto di equilibrio instabile. Questo ha la proprietà di tornare da solo nella posizione stabile quando viene appoggiato in ogni altra posizione. Poiché il numero di punti di equilibrio statico su un oggetto tende a ridursi durante il processo di abrasione naturale, il Gomboc rappresenta l’obiettivo finale di questo processo e rivela così informazioni vitali sulla storia naturale di un qualsiasi oggetto 3D.  “La forma di un oggetto, in questo caso di un banale ciottolo, può dirci molto sulla storia di Marte – ha detto Domokos -. Se andassimo in una normale spiaggia potremo conoscere la sua origine storica analizzando la sabbia e le piccole pietre sotto i nostri piedi. Abbiamo capito come interpretare un codice che ci rivela la storia di un mondo lontano”. “Quando si lavora con un rover costoso come Curiosity – ha commentato Jerolmack – ci si aspetta di ottenere una quantità di dati illimitata”. Con il lavoro dei due scienziati si è dimostrato che, quando due particelle di dimensioni simili tra loro collidono si trasformano seguendo delle regole puramente geometrica, indipendentemente dal materiale delle rocce o dall’ambiente in cui queste si muovono”. Jerolmack e Domokos hanno verificato il proprio modello in laboratorio e successivamente sul campo, in un fiume di montagna situato in Porto Rico. “Siamo andati alla sorgente e qui abbiamo controllato una moltitudine di rocce originate dalla rottura delle pareti circostanti il torrente – ha sottolineato Jerolmack -. In un secondo momento abbiamo spostato il campo centinaia di metri più a valle, catalogando peso e silhouette di migliaia di rocce”. Tutto ciò ci ha permesso di “comprendere l’evoluzione dei ciottoli, compresa la forma e la perdita di massa di ogni sasso”. In entrambi i casi, forma e perdita di massa sono state coerenti con quelle previste dalla simulazione. Per un’ulteriore verifica sono stati analizzati anche i ciottoli di un canyon nel Nuovo Messico, dove i sassi vengono trasportati da un torrente, un ambiente più simile al Pianeta Rosso. Con questi dati, è stato dimostrato che si può dedurre anche la distanza percorsa da un ciottolo dalla sorgente alla foce analizzando solo la sua forma. A questo punto la simulazione è stata adattata alla gravità di Marte e ha analizzato i ciottoli fotografati dal rover Curiosity nel cratere Gale. I dati indicano che i sassi venivano trascinati dalla corrente per decine e decine di chilometri e, urtando fra loro, perdevano fino al 20% della massa.

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