La Russia ha cominciato i raid aerei in Siria. È la prima azione militare di Mosca in Medio Oriente dagli anni 80. Il primo raid avrebbe interessato la zona di Homs: i russi hanno chiesto agli Stati Uniti di astenersi dal sorvolo del territorio siriano ma senza fornire informazioni sul luogo che intendevano colpire. Proprio a questo proposito il responsabile del Pentagono, il segretario alla Difesa Usa Ash Carter, ha chiesto di avviare contatti con la Russia per evitare che i raid lanciati da Mosca e quelli americani collidano o ostruiscano lo spazio a vicenda. Non è chiaro quali siano i reali obiettivi dei raid di Mosca. Ufficialmente sono le postazioni dell’Isis ma secondo il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius i primi bersagli colpiti sono stati altri gruppi dell’opposizione anti-Assad. Tesi sostenuta anche dagli americani. «Se hanno colpito a Homs, come sembra», ha affermato una fonte militare di Parigi, non è lo Stato islamico l’obiettivo ma probabilmente i gruppi di opposizione. Ciò conferma che «i russi vanno più in aiuto di Assad che contro l’Isis». Un gruppo di ribelli siriani sostenuto dagli Usa ha anzi accusato la Russia di aver compiuto raid aerei sulle sue posizioni nella città di Latamna, nella provincia di Hama. Il gruppo, noto come Tajamu Alezzah, non ha precisato quali obiettivi siano stati colpiti. Dopo l’incontro Obama-Putin di due giorni fa all’Onu che che ha ufficializzato la collaborazione Mosca-Washington contro il «Califfato» in Siria, i raid russi segnano una nuova fase del conflitto. E si fa più incerta l’azione della coalizione guidata dagli Stati Uniti che da un anno coordina le operazioni militari. Il canale di dialogo tra i due Paesi resta comunque aperto, come dimostra la telefonata di oggi tra i ministri degli Esteri Lavrov e Kerry. Il Parlamento russo stamane aveva approvato all’unanimità l’uso della forza in Siria come richiesto dal presidente Putin, la chiesa ortodossa ha dato il suo appoggio all’operazione. Il passaggio alla Duma era comunque fondamentale per dar via ai raid aerei contro i terroristi dello Stato Islamico su richiesta del presidente siriano Assad, la cui sorte è uno dei punti controversi della «collaborazione» Usa-Russia annunciata alle Nazioni Unite a inizio settimana. Putin ha chiarito che l’impegno militare russo in Siria sarà «temporaneo»: «L’unico modo per affrontare il terrorismo» ha aggiunto il presidente russo nel corso di una riunione di governo, «è combatterlo preventivamente…e non aspettare che i terroristi arrivino in casa». Mosca non invierà truppe sul terreno ma si limiterà a «fornire appoggio dall’aria alle forze siriane». Putin chiarisce che si aspetta che Assad sia pronto a un compromesso per il futuro del suo Paese e che sia di aiuto per risolvere il conflitto che distrugge la Siria dal marzo 2011. Alla base della decisione di Putin, si fa capire da parte russa, c’è la reale preoccupazione di Putin per l’aumento dei foreign fighters, combattenti dell’area dell’ex Unione Sovietica che sono andati in Siria , sono tornati a casa e costituiscono una diretta minaccia. Da parte americana, il Washington Post parla di «improvvisazione da parte di Putin», cioè a Mosca non vi sarebbe una strategia di ampio respiro né la capacità reale di influenzare in modo sostanziale le crisi in corso, scrive il Washington Post, secondo cui l’attivismo messo in atto in questi giorni dal presidente russo potrebbe essere solo un azzardo, il cogliere al volo la possibilità di usare la diplomazia o la forza quando si presenta. «Ci hanno avvertito che avrebbero cominciato a colpire in Siria» ha detto una fonte del Pentagono. Lo hanno fatto «nei pressi di Homs». Gli Stati Uniti guidano una coalizione che da più di un anno bombarda con i suoi aerei le posizioni dei jihadisti dello Stato islamico in Siria e Iraq. E i caccia della coalizione guidata dagli Stati Uniti continuano a percorrere lo spazio aereo siriano, ignorando così gli inviti russi a lasciarlo libero, riferisce l’amministrazione americana. Le missioni americane – ha aggiunto la fonte – proseguono normalmente. «Il nostro principale obiettivo – ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov- è la lotta contro il terrorismo e l’estremismo e l’appoggio alle autorità legittime in Siria». Commento dall’ambasciata americana a Mosca: «Ripeto semplicemente – diceva stamane all’agenzia Ria-Novosti del portavoce William Stevens – che quando il presidente Obama ha incontrato il presidente Putin, si sono intesi sul fatto che Stati Uniti e Russia hanno interessi comuni nella lotta contro l’Isis in Siria. Concordano sulla necessità di creare un canale di comunicazione tra i nostri militari per evitare incomprensioni tra i membri della coalizione (guidata dagli Usa) e dalla Russia». Stevens ha ribadito il principale ostacolo che per ora impedisce una collaborazione più stretta: «Il presidente Assad non è un partner accettabile nella lotta al terrore e all’estremismo in Siria». E questo complica la definizione di nemico comune per Russia e Stati Uniti.