Riforme, ok del Senato al ddl Boschi con 179 sì. Le opposizioni non partecipano al voto. Come sarà il nuovo Senato in 13 punti

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Riforme ok del Senato al ddl Boschi con 179 s%C3%AC

Il Senato ha approvato con 179 voti favorevoli, 16 contrari e 7 astenuti il disegno di legge con le riforme istituzionali. Gran parte delle opposizioni ha lasciato l’Aula o comunque non ha partecipato al voto finale. Il provvedimento deve tornare alla Camera e poi nuovamente a Palazzo Madama come previsto dall’iter delle modifiche alla Costituzione prima dell’annunciato referendum confermativo. Dissidenti tra i dem i senatori Tocci e Mineo (contrari) più Casson (astenuto) mentre Bocca e Villari, di Forza Italia, hanno invece votato a favore in difformità rispetto al proprio gruppo. Si sono invece astenuti i cosiddetti “tosiani” e ancora la senatrice a vita Cattaneo (i voti di astensione al Senato equivalgono a voto contrario). «Grazie a chi continua ad inseguire il sogno di un’Italia più semplice e più forte: le riforme servono a questo #lavoltabuona» è il twitt del premier Matteo Renzi. «Semplicemente una bellissima giornata. Per noi ma soprattutto per l’Italia. Grazie a chi ci ha sempre creduto. È proprio #lavoltabuona» quello del ministro Maria Elena Boschi nei momenti immediatamente seguenti il via libera. Non sono state «settimane facili», alcuni «volgari episodi hanno trasceso ogni regola del Senato e del buon gusto» e sono volate accuse nei suoi confronti di essere «schierato» e al servizio dell’opposizione, «ma io ho fatto di tutto per rimanere imparziale senza lasciarmi condizionare dalle ragioni degli uni o degli altri. Ora saranno i cittadini a decidere» sulla validità della riforma costituzionale. Il presidente del Senato Pietro Grasso scrivendo sul suo profilo Facebook rivendica il suo compito e il suo ruolo di garante, di parte terza. Il partito democratico «arriva compatto al voto, dopo un lungo dibattito che ha contribuito a trovare buone soluzioni». Il presidente dei senatori dem Luigi Zanda riassume il senso del lavoro portato avanti a Palazzo Madama. «Per il Pd il dibattito è sempre stato un valore positivo, un punto di forza. Qualcuno ritiene che discutere, battagliare e poi ritrovarsi uniti sia una nostra debolezza. Io penso che sia utile all’Italia». In una fase «così difficile e così piena di rischi per il Paese – insiste Zanda – sul partito democratico poggia la coalizione che garantisce la stabilità della legislatura e l’equilibrio delle nostre istituzioni. È l’unità del Pd e dei suoi gruppi parlamentari che rende possibile questa stagione di riforme». «Non è un bella giornata nella storia della Repubblica stiamo compiendo un atto forse definitivo per cambiare le regole di convivenza democratica e proprio perché è una svolta storia c’era bisogno di un alto livello, doveva essere grande riforma ma invece è solo una grossa riforma». Qui è il capogruppo di Forza Italia Paolo Romani a parlare al momento di esprimere la linea adottata dal partito. «Il tanto discusso patto del Nazareno non aveva accordi prescrittivi ma si diceva che le riforme vanno fatte insieme e insieme i miglioramenti. Questo era il senso del Nazareno e in questo è stato ampiamente tradito dallo stravolgimento e dalle forzature». «Voi oggi otterrete una vittoria numerica, siete stati abili a raccogliere il consenso dei parlamentari mossi da ragioni che non giudico. Chi è venuto meno al mandato degli elettori risponde alla propria coscienza. Non illudetevi, non è un vittoria politica. Avete perso una buona occasione per riscattare la sinistra. Il Paese non si merita questo».

Queste sono le principali modifiche costituzionali che il ddl Boschi introdurrà una volta approvato.

Fine del bicameralismo paritario Camera dei deputati e Senato della Repubblica hanno composizione e funzioni diverse. La Camera, con 630 deputati, rappresenta la Nazione ed è titolare del rapporto di fiducia con il Governo. Ha funzione di indirizzo politico e di controllo sull’attività del Governo.

Il nuovo Sentato dei 100 (74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 componenti di nomina del presidente della Repubblica) saranno i senatori. Dopo l’accordo siglato nel Pd scelti in conformità alle decisioni dagli elettori dai consigli regionali per mezzo di una legge elettorale che dovrà essere varata entro 6 mesi dall’entrata in vigore della riforma costituzionale. Il termine decorrerà dopo che si sarà svolto il referendum confermativo. Le regioni avranno poi tre mesi (90 giorni) per adeguarsi. I cinque senatori scelti dal Colle dureranno in carica sette anni come il Capo dello Stato e non possono fare più di un mandato. Senatori a vita restano gli ex presidenti della Repubblica che si aggiungono ai 5 scelti fra i cittadini.

Durata del mandato e prerogative La durata del mandato dei nuovi senatori è pari a quella degli organi delle istituzioni del territorio in cui sono stati eletti. Conservano l’immunità parlamentare e non non ricevono indennità parlamentari, mantengono quella che hanno in qualità disindaco o di consigliere regionale. Resta l’esercizio della funzione senza vincolo di mandato.

La formazione delle leggi Le leggi di rango costituzionale, il referendum, la legge elettorale restano bicamerali, come anche i trattati con l’Unione europea. Le altre leggi sono esaminate e approvate dalla Camera dei deputati che le trasmette al Senato. Questo può disporne l’esame se entro dieci giorni, lo domanda un terzo dei suoi componenti. Il Senato può anche, a maggioranza assoluta, entro 30 giorni successivi, proporre modifiche del testo. Su queste è la Camera a pronunciarsi in via definitiva. Per bocciarle serve la maggioranza assoluta dei componenti.

Lo statuto delle opposizioni Il regolamento della Camera dei deputati conterrà anche una disciplina dello statuto delle opposizioni.

Elezione del presidente della Repubblica Per l’elezione del Colle il quorum necessario elle prime tre votazioni è dei due terzi dei componenti l’assemblea. Dalla quarta votazione servono i tre quinti dell’assemblea. Dalla settima ai tre quinti dei votanti. Non sarà più il presidente del Senato a sostituire ad interim il Capo dello Stato. Toccherà al presidente della Camera.

Giudici costituzionali I giudici della Corte Costituzionale che spetta al Parlamento nominare, 5 in tutto, saranno eletti separatamente da Senato e Camera: due li eleggerà il nuovo Senato, tre la Camera. Il quorum per essere eletti è dei due terzi dei componenti per i primi due scrutini, dal terzo basta la maggioranza dei tre quinti.

Titolo V Non c’è più legislazione concorrente fra Stato e Regioni e si passa ad un redistribuzione delle materie di competenza statale e regionale. Si contempla una clausola di supremazia con la quale si prevede che, su proposta del Governo, una legge dello Stato possa intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva se lo richiede la tutela dell’interesse nazionale.

Leggi di iniziativa popolare Per presentarle serve la raccolta di 150mila firme (non più) 50mila ma si prevedono termini certi per la pronuncia della Camera

Referendum. In Costituzione entrano i referendum di indirizzo e propositivi ma le Camere dovranno appovare una legge per delinearne le modalità di attuazione.

Stato di guerra Sarà la Camera dei deputati, a maggioranza assoluta, a deliberare lo stato di Guerra e la conseguente attribuzione di poteri al Governo.

Abolizione del Cnel e delle province Il Ddl abroga l’articolo 99 della Costituzione con coseguente abolizione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL). Eliminato anche il riferimento, in Costituzione, alle Province Giudizio preventivo sulle leggi elettorali. La riforma dispone il giudizio preventivo di legittimità della Consulta, sulla legge elettorale, prima della promulgazione, purché vi sia un ricorso motivato presentato “entro dieci giorni” dall’approvazione della da “almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o un terzo dei componenti del Senato della Repubblica”. La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni.

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