Vale di più il diritto all’istruzione o quello alla salute? Mentre è in fase di approvazione il Piano Nazionale Vaccinazioni, in un paese toscano una bambina di sei anni non può frequentare la prima elementare. Il motivo? È affetta da un’immunodeficienza che le impedisce di sottoporsi al «richiamo» contro morbillo, parotite, rosolia e varicella. I suoi genitori vorrebbero tanto farlo, ma la cosa, a detta dei medici, è rischiosa per la salute della bambina.Succede a Greve in Chianti, un comune di duemila anime situato a pochi chilometri da Firenze e, per fortuna, dall’ospedale pediatrico Meyer. Lì, sei anni fa, venne alla luce Lia che un brutto giorno, all’età di due anni, si ammalò di una grave forma di mononucleosi infettiva da cui si scatenò un’encefalite che rischiò seriamente di portarsi via la piccola. Oggi Lia è una bambina perfettamente sana, se si esclude la parziale sordità a un orecchio e l’immunodeficienza che si è instaurata dopo l’encefalite. È iscritta alla prima elementare alla scuola Domenico Giuliotti, ma non sta frequentando le lezioni perché nella sua classe ci sono parecchi bambini non vaccinati che, in quanto tali, potrebbero essere colpiti da una malattia esantematica e, quindi, contagiarla. È il paradosso dei Paesi ricchi e sani. I vaccini, nonostante abbiano debellato tante gravi malattie, salvato milioni di vite e siano considerati più che sicuri da tutta la comunità scientifica vengono messi sotto accusa. I gruppi dei pochi anti-vaccinazione però sono molti attivi e si stanno moltiplicando facendo leva suteorie complottiste trovate su internet, dove gira l’idea che i medici siano «al soldo delle multinazionali farmaceutiche». «Per fortuna c’è il Mayer – ripete Corinna Verniani, la mamma di Lia -. Ricordo come fosse oggi la sera del 10 dicembre di 4 anni fa. Mia figlia aveva la febbre altissima. Ebbe ben quindici convulsioni. I medici ci dissero che era in pericolo di vita e che non avrebbe più camminato, né parlato». Invece Lia è guarita. Continua ad andare in ospedale per i controlli, ma la sua vita non è più in pericolo e, secondo i dottori, anche l’immunodeficienza dovrebbe regredire con la crescita. E la scuola? «Dopo averla iscritta andai a parlare con la dirigente scolastica – racconta la madre – per spiegarle la situazione di Lia e per sapere se correva rischi. Lei mi disse che sapeva per certo che almeno 8, dei 18 bambini della classe che mia figlia avrebbe dovuto frequentare, non erano stati vaccinati. Era dispiaciuta, ma mi spiegò che non poteva far nulla». «Se è così preoccupata – mi domandò -, perché non valuta la possibilità di farla studiare a casa?». E continuò: «Se la bambina ha una vita normale, va al cinema, frequenta altri bambini, perché non potrebbe anche stare in classe con bambini non vaccinati?». Otto bambini su diciotto sono una percentuale altissima, ben superiore a quel 5 per cento considerato la soglia di rischio dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Segno che a Greve di Chianti il messaggio degli anti-vaccini ha avuto grande presa. La dirigente scolastica della Domenico Giuliotti si chiama Antonella Zucchelli. Raggiunta al telefono, spiega la sua posizione. «Premesso che non conosco nel dettaglio i problemi di salute della bambina, penso che situazioni come questa non riguardino solo una classe, ma tutta la scuola e l’intera comunità. Nel nostro istituto ci sono 258 bambini che ogni giorno hanno modo di venire a contatto l’un con l’altro. Il rischio del contagio esiste, a prescindere dalla classe, che cosa posso fare io per contrastarlo?». Alla domanda se non sarebbe possibile isolare i non vaccinati (sani) e mettere Lia in una classe di bambini vaccinati la dirigente risponde con schiettezza: «Così, su due piedi, non sono in grado di risponderle. Avrei bisogno di tempo». Poi, per dimostrare la sua imparzialità, racconta di quando, due anni fa, la scuola partecipò a un convegno-dibattito dal titolo “Vaccino sì, vaccino no?” e solo sul finire della telefonata fa cenno alle complicanze che ebbe il suo, di figlio, subito dopo la vaccinazione. «Oggi è adulto e sta bene, ma allora ci preoccupammo». Ci lascia, la dirigente, con l’impegno a tornare a occuparsi della questione vaccini: «Ho amici medici che mi dicono che la copertura sta calando e che bisogna convincere i genitori contrari». Intanto la mamma di Lia, che non ci pensa nemmeno a far studiare la bambina a casa, ha deciso, d’accordo con i dottori del Meyer, di ricoverare la bambina per qualche giorno e di farle fare il richiamo delle vaccinazioni, sia pure in una dose ridotta. «So che mia figlia potrà avere qualche disturbo, ma mi fido dei medici che le hanno già salvato la vita una volta e che non la esporrebbero a rischi gravi».