A Londra in un cimitero di epoca romana sono stati rinvenuti alcunischeletri di uomini cinesi vissuti tra il secondo e il quarto secolodopo Cristo

A Londra in un cimitero di epoca romana sono stati rinvenuti alcuni scheletri di uomini cinesi vissuti tra il secondo e il quarto secolo dopo CristoI primi cinesi a Londra? Arrivarono quando l’attuale capitale inglese si chiamava Londinium ed era sotto il dominio dell’antica Roma. Nel moderno quartiere di Southwark, che all’epoca era un villaggio sulle rive del Tamigi, gli archeologi hanno infatti ritrovato, scavando in un antico cimitero romano, gli scheletri di due individui di origine asiatica vissuti tra il secondo e il quarto secolo d. C., molto probabilmente cinesi, a giudicare dalla morfologia delle ossa. Finora solo un altro scheletro di questa etnia di età romana è stato rinvenuto nei confini di quello che era l’impero dei Cesari, nel sito di Vagnari, a Gravina di Puglia, in provincia di Bari. «La notizia è estremamente interessante», commenta Maria Teresa Grassi, docente di storia romana alla Università statale di Milano, «perché il rapporto tra romani e cinesi è ben documentato, per esempio da indumenti di seta con disegni orientali trovati a Palmira, città siriana snodo di importanti commerci a quell’epoca. Ma della presenza fisica di abitanti della Cina nelle provincie romane, soprattutto in Britannia, non ci sono fonti: mi sorprende davvero il fatto che siano giunti così a occidente». La scoperta effettuata dai ricercatori del Museum of London e pubblicata su Journal of Archaeological Science getta dunque nuova luce sui flussi migratori dell’antichità tra Asia ed Europa, ma solleva anche inediti interrogativi. Roma era infatti una città multietnica, popolata da persone provenienti da ogni angolo dell’impero: schiavi catturati durante le campagne di conquista in nuovi territori, artigiani specializzati trasferitesi dove era richiesta la loro abilità e migranti giunti alla ricerca di fortuna prevalentemente dall’Africa. Insomma, già duemila anni fa Roma era un’attrazione per i popoli del bacino del Mediterraneo. «Siamo portati a pensare che la globalizzazione sia un fenomeno moderno», spiega la professoressa Grassi, «ma già dalla preistoria gli uomini intraprendevano lunghi viaggi spinti dalla molla del commercio». Sebbene tra romani e cinesi ci fosse un fiorente traffico di merci, soprattutto importazioni di seta e spezie, i due popoli si guardarono sempre con reciproca diffidenza, entrando raramente in contatto diretto e conducendo i loro scambi tramite intermediari. Cosa ci facevano dunque due cinesi nel periodo di massimo splendore dell’impero romano in un sobborgo di Londra? Per gli archeologi inglesi resta un mistero, anche se le ipotesi formulate e al vaglio degli studiosi sono molteplici. Forse erano mercanti in viaggio d’affari, forse discendenti di schiavi orientali: Rebecca Redfern, del Museum of London, sostiene che i due cinesi potrebbero essere stati venduti da trafficanti indiani a qualche patrizio romano come servitori esotici. «Sono plausibili entrambe le supposizioni, anche se personalmente propendo più per l’idea che fossero commercianti; però non è da escludere che siano stati proprio loro l’oggetto della transazione: tutto ciò che proveniva dall’Estremo oriente passava infatti dall’India, compresa la vendita di schiavi, una delle voci più redditizie dei commerci di allora», dice l’esperta. Ma c’è un’altra intrigante possibilità presa in esame dai ricercatori inglesi. Nel cimitero di Southwark sono stati trovati infatti i resti di 22 soggetti e grazie ad accurate analisi effettuate da esperti forensi dell’Università del Michigan è emerso che erano tutti stranieri: almeno quattro africani e cinque provenienti dal zone affacciate al Mediterraneo, oltre ai due presunti cinesi. Il fatto che fossero sepolti allo stesso modo e nello stesso luogo degli abitanti locali fa supporre che potrebbero essere stati «immigrati» di seconda generazione, che avevano acquisito lo status sociale degli indigeni. Ma avevano mantenuto le loro tradizioni, almeno a tavola: analisi con radioisotopi hanno permesso di scoprire le loro abitudini alimentari, prevalentemente a base di vegetali, molto diverse da quelle dei nativi locali che seguivano invece una dieta ricca di risorse acquatiche del vicino Tamigi. «Non la vedo come un’ipotesi assurda», afferma Grassi. «Però in mancanza di altre prove mi sembra prematuro parlare di una Chinatown dell’antichità». Accanto ai resti di una giovane donna è stato poi rinvenuto un coltello con il manico in avorio forgiato a forma di leopardo, una lavorazione tipica degli antichi cartaginesi. Rilevamenti con radioisotopi sui denti della ragazza hanno confermato che era cresciuta in Africa, ma l’analisi del Dna ha rivelato che la giovane aveva occhi azzurri e che la madre proveniva dall’Europa dell’est. «Non c’è da stupirsi: già Alessandro Magno si era spinto secoli prima ai confini tra India e Cina e molti greci e macedoni al suo seguito si erano poi stabiliti in quei luoghi remoti. In età romana diverse genti d’oriente sono volontariamente confluite nel ricco impero occidentale», conclude la professoressa.

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