Vittoria per i tassisti. Bloccato il servizio Uber Pop in tutta Italia. Codacons: danno enorme per gli utenti

Io penso che..

I costruttori di slitte a strascico in Italia riuscirebbero a fare inibire per legge l’uso della ruota. Questo è il paese delle corporazioni e dei “diritti acquisiti” e non si smentisce mai. Privilegi di casta, tariffe bloccate, cariche ad vitam: baroni all’università, cda mangiasoldi nelle partecipate, notai, ordini professionali, farmacisti, tassisti, magistrati intoccabili, pensionati d’oro, nullafacenti baciati dal vitalizio… Tutti a reclamare il proprio diritto di casta, nel nome di un sacro immobilismo che ci sta rendendo sempre più arretrati e inefficienti. Questa è una vittoria di una corporazione e una sconfitta degli utenti e dei consumatori.

Il Tribunale di Milano, martedì, ha disposto il blocco di UberPop, uno dei servizi messi a disposizione dalla società americana Uber per il noleggio di auto con conducente su tutto il territorio nazionale: gli aspiranti autisti possono candidarsi sul sito, inviando i documenti necessari per mettersi alla guida. Una volta ottenuta l’approvazione, ricevono uno smartphone con installata l’applicazione per poter intercettare la domanda. Oltre a inibire la app, che tramite geo-localizzazione consente di prenotare online il conducente più vicino, la magistratura ha disposto anche il divieto di erogare il servizio. È stato dunque accolto il ricorso presentato dalle associazioni di categoria dei tassisti per «concorrenza sleale» e «violazione della disciplina amministrativa che regola il settore taxi». Inoltre secondo il giudice di Milano Claudio Marangoni, della sezione specializzata in imprese, UberPop non è paragonabile al servizio di car sharing perché nel caso della app «l’autista non ha un interesse personale a raggiungere il luogo indicato dall’utente e, in assenza di alcuna richiesta, non darebbe luogo a tale spostamento». Altra osservazione: «Ciò sembra ingenerare anche un dubbio sull’effettiva attitudine di UberPop a creare vantaggi alla collettività in termini di riduzione dell’inquinamento atmosferico e consumo energetico, posto che esso sembra al contrario stimolare l’uso di mezzi privati senza che rispetto a tale uso possano essere poste in essere misure di programmazione e regolazione generale della mobilità che sembrano unanimemente considerate come lo strumento principale di intervento nel settore del trasporto urbano e non». A ricorrere al Tribunale civile erano stati i tassisti milanesi, dopo mesi di polemiche, proteste (alcune anche eclatanti) e scioperi selvaggi contro l’app statunitense. Nelle scorse settimane, le organizzazioni sindacali e di categoria, locali e nazionali, dei tassisti e dei radiotaxi, assistite da un team legale composto dagli avvocati Marco Giustiniani, Nico Moravia, Giovanni Gigliotti e Alessandro Fabbi, avevano chiesto l’oscuramento della app UberPop, uno dei servizi messi a disposizione dalla multinazionale americana che permette a chiunque di fare il tassista senza licenza, e l’inibizione dal servizio. Martedì il Tribunale di Milano con un’ordinanza ha accolto il ricorso, accertando la «concorrenza sleale» del servizio del gruppo Uber. Il giudice, con un provvedimento cautelare, ha disposto il blocco di UberPop e l’inibitoria dalla prestazione del servizio su tutto il territorio nazionale. Nel suo provvedimento il magistrato ha chiarito che Uber avrà 15 giorni di tempo per adeguarsi al provvedimento, altrimenti scatteranno delle penali: 20 mila euro di multa per ogni giorno di mancato adempimento. Uber ha comunque la possibilità di presentare, a sua volta, ricorso. «Siamo dovuti arrivare in aula di giustizia perché qualcuno decidesse, nessuno voleva prendersi questa responsabilità: prima di ricorrere in Tribunale ci siano rivolti a Comune, Regione, al Governo, tutto inutile». Così Pietro Gagliardi, responsabile sindacale per la categoria dei tassisti dell’Unione Artigiani della Provincia di Milano. «È una grande vittoria — ha aggiunto — e non l’abbiamo fatto solo per noi e il nostro lavoro, ma anche per la sicurezza degli utenti». Parole in sintonia con quelle degli avvocati, che hanno portato avanti la battaglia legale: «Siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto — ha commentato Marco Giustiniani, nel pool che ha assistito i tassisti — . Il Tribunale di Milano ha pienamente compreso la situazione nonostante la sua complessità, ha riconosciuto la concorrenza sleale del servizio Uber-pop nei confronti dei taxi e ordinato al Gruppo Uber l’immediata inibizione dello stesso su tutto il territorio italiano. Siamo convinti che Uber vorrà dare un pronto adempimento a quanto stabilito dal giudice e che questa decisione spronerà anche le amministrazioni a controlli più attenti di quelli sino ad ora svolti». Tra le pochi voci fuori dal coro, quella del Codacons: «La sentenza del Tribunale di Milano che ha bloccato il servizio UberPop in tutta Italia — si legge in un comunicato dell’associazione dei consumatori — rappresenta un danno enorme per gli utenti, perché limita la concorrenza e riduce le possibilità di scelta per i cittadini». «È impensabile che un Paese moderno possa essere privato di sistemi innovativi come Uber, che rispondono ad esigenze di mercato e sfruttano le nuove possibilità introdotte dalla tecnologia – ha affermato il presidente Carlo Rienzi — . Così facendo si finisce per produrre un duplice danno al consumatore finale: da un lato una minore scelta sul fronte del servizio, dall’altro tariffe più elevate per effetto della minore concorrenza». Lo scorso settembre, UberPop era stata messa temporaneamente al bando anche in Germania. Il Tribunale di Francoforte aveva accolto le richieste dei tassisti teutonici che, oltre a denunciare la concorrenza sleale (l’app per il noleggio di auto con conducente, prenotabile tramite tablet e smartphone, secondo le sigle di categoria era di fatto un servizio di taxi parallelo, ma senza licenza), avevano messo sotto accusa anche la formula della sharing economy, ovvero dell’economia in condivisione «con apparenze da start-up». L’ingiunzione de Tribunale di Francoforte, in caso di mancato adempimento, aveva previsto sanzioni fino a 250 mila euro. La sentenza non era stata la prima, in Germania, a dare torto a Uber sia per motivi di sicurezza, sia di concorrenza: in altre due circostanze, a Berlino e Amburgo, i giudici avevano disposto il blocco, ma Uber aveva continuato a operare dopo aver presentato ricorso.

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