Ha tentato di negare soltanto all’inizio, quando gli agenti l’hanno fermato, ma che fosse molto scosso è stato subito chiaro. Poi ha capito di essere stato incastrato e allora Simone Borgese, l’uomo accusato di avere violentato venerdì una tassista, ha chiesto di poter parlare e spiegare tutto. Al pm Eugenio Albamonte l’ha detto subito: «E’ stato un raptus, non so cosa mi abbia preso» «Lei piangeva, le ho detto se fai questo non ti succederà niente»: ha confessato il trentenne, separato e una figlia di 7 anni. Fermato domenica dalla polizia perché sospettato di aver picchiato, violentato e rapinato una tassista di 43 anni venerdì mattina a Ponte Galeria, periferia Sud di Roma. «Non volevo, non mi è mai successa una cosa del genere. Quella mattina aspettavo l’autobus in via Aurelia. Avevo dormito da un amico lì vicino perché avevo fatto tardi al lavoro. Il bus non arrivava e così ho deciso di prendere il taxi. Al volante c’era lei. Le ho detto di portarmi a Ponte Galeria, ma durante il tragitto sono stato preso da un raptus: vicino a casa le ho fatto cambiare strada per arrivare in un viottolo sterrato, isolato, nei pressi di via Pescina Gagliarda. E lì fuori l’ho violentata». Un racconto che ha convinto gli inquirenti a definire il giovane «provato ma lucido» prima di essere trasferito a Regina Coeli. L’indagine lampo, meno di 3 giorni, è stata condotta dal procuratore Maria Monteleone e dal sostituto Eugenio Albamonte. Al momento i reati ipotizzati sono quelli di violenza sessuale, rapina e lesioni. Borgese è stato incastrato dall’identikit diffuso sabato dalla polizia: italiano, 25-30 anni, magro, altezza medio bassa (tra 1,65 e 1,70), viso «pentagonale», capelli corti, scuri e mossi, labbra sottili e carnagione chiara. E poi quel particolare: occhi piccoli e scuri. Gli agenti della Squadra mobile, diretti da Luigi Silipo, hanno vagliato una serie di segnalazioni, tra cui quella di un tassista che lo ha riconosciuto come un cliente trasportato una quindicina di giorni fa. In quella occasione, non avendo contanti per pagare la corsa, Borgese gli avrebbe lasciato un numero di cellulare. È proprio dalle celle agganciate dal telefonino che, domenica pomeriggio, gli investigatori lo hanno bloccato in zona Pineta Sacchetti, alla periferia di Roma. Il trentenne, che lavorava come cameriere a chiamata, avrebbe alle spalle alcune denunce per furto, minacce, violazione di domicilio. Non avrebbe infine pagato anche altre corse in taxi per le quali è stato denunciato. Simone Borgese è stato riconosciuto in foto dalla vittima. L’aggressione all’autista ha sconvolto tutti. Il presidente del 3570 Loreno Bittarelli chiede «più sicurezza: servono le telecamere sui taxi collegate alla nostra centrale». Protestano anche gli altri sindacati. E mentre il sindaco Ignazio Marino ricorda all’aggressore che «non può sentirsi degno di vivere da cittadino libero in questa città», il leader della Lega Nord Matteo Salvini parla di «castrazione chimica per lo schifoso». Molti tassisti romani hanno raccolto l’invito della Federtaxi che venerdì sera ha invitato a esporre un nastro rosa sulle antenne delle auto in segno di solidarietà. Quando si è diffusa la notizia del fermo di Borgese, le tassiste romane si sono riunite davanti alla questura per «portare solidarietà alla collega vittima di violenza». «Abbiamo paura – hanno detto – Non è la prima volta che accadono episodi di aggressioni e violenze alle tassiste. Certo, questo è particolarmente grave ed eclatante». Una di loro racconta di aver subito più volte palpeggiamenti da parte di clienti: «Mi è capitato con le persone più insospettabili – dice -. Una volta con un 65enne che avevo preso all’aeroporto e l’ultimo pochi giorni fa da un uomo che aveva proprio un aspetto perbene».