Il boato dei 50mila, il LiveKom 2015 parte con un bagno di folla, Vasco Rossi infiamma Bari

Le note della suite che Dmitrij Shostakovich scrisse per la colonna sonora del film Zoya risuonano nello stadio San Nicola di Bari e suscitano il boato assordante dei cinquantamila che attendono l’uscita di Vasco. Il palco ricoperto d’acciaio si anima: otto “pod”, gigantesche piastrelle luminose, scendono a coprire la scena (e la band) per poi roteare come gli arti di un gigante tecnologico. È il segnale che il concerto del Komandante può iniziare. Non sarà come per la caduta di Berlino raccontata nel film sovietico di 70 anni fa, ma il muro di suono che la band del Blasco scatena sin dal primo brano per il debutto, ieri, del “Live Kom 2015” negli stadi, sembra davvero un bombardamento di guerra: si ascoltano una via l’altra Sono innocente ma, Duro incontro e Deviazioni e se ne esce quasi storditi tra le rullate di batteria di Will Hunt, il basso di Claudio “Gallo” Golinelli e le chitarre di Stef Burns e Vince Pastano che conducono le danze, spingendo in alto i livelli di decibel. ” Sparatemi ancora, così vedremo chi cade, chi perde, chi ruba, chi sorride e c’ha la pelle dura” canta Vasco. “Facciamo una prova, se resti in piedi come Rocky”, dice, proponendo una metafora del sopravvissuto a tutto, anche alle prove della malattia archiviata tre anni fa. Lo stadio ribolle, i suoi fan hanno atteso questo momento per giorni, alcuni si sono accampati con le tende una settimana fa pur di conquistare le prime file o solo per vivere l’evento da membri della tribù. Qualche sfottò per Ligabue: “Vasco, qui si fa la storia e Liga è seduto in riva al fosso”, recita uno striscione sotto al palco. “Non sarà un concerto celebrativo “, aveva detto all’annuncio delle 14 date del nuovo tour, che in sei delle 8 città coinvolte prevede per giunta una doppia data e stasera, infatti, a Bari si replica: già 30 mila i biglietti venduti. Promessa mantenuta da parte del Blasco che per gran parte continua nel solco del concerto heavy metal segnato lo scorso anno e anzi lo approfondisce. A cominciare dalla struttura del palco, un’astronave di metallo in cui Vasco si muove e fa rotolare le nuove canzoni prima dei pezzi più celebri, inni cui il suo pubblico non rinuncerebbe mai. L’inizio è uno sfarfallìo di luci e laser, oscuro, profondamente segnato dai suoni del nuovo disco. Quando il ritmo scende e si apre uno spazio per le ballate, le nuove canzoni si legano alle più lontane, basta il nesso di una parola dal vocabolario del Blasco. E allora Guai richiama un brano ripescato dal suo passato come Credi davvero, dall’album Vado al massimo dell’82 che dice: “Non sono gli uomini a tradire ma i loro guai”. Dopo il break strumentale con la nuova Rockstar affidata alla sola band, un intermezzo acustico con il Gallo al contrabbasso e Vince Pastano alla chitarra acustica: si ascoltano Nessun pericolo per te, E… , L’una per te e La noia, ancora un brano da Vado al massimo , l’album della consacrazione dopo Sanremo ’82. I tre vengono raggiunti da Stef Burns con la seconda chitarra acustica, Andrea Innesto al sax, Frank Nemola alla tromba e Clara Moroni ai cori. Il set si chiude con la nuova Quante volte e con la sensazione, ad ogni ascolto, di una sua strettissima parentela con Vita spericolata che la precede di 32 anni.Stupendo, C’è chi dice no, Sballi ravvicinati sono decisamente rock ma non manca un momento techno-progressive in cui Blasco parte con Delusa per lanciarsi in un medley che intreccia T’immagini, Mi piaci perché (che non cantava live da 20 anni) eGioca con me. Il finale è un colpo al cuore con i pezzi da novanta: Sally, Siamo solo noi e Vita spericolata. Fino all’immancabile chiusura di Albachiara.

Lascia un commento