Testimonianze di familiari, amici, conoscenti e insegnanti, ma anche le firme sui registri delle presenze della scuola di italiano da lui frequentata. Sono questi alcuni degli elementi che, allo stato, fanno dire a inquirenti e investigatori milanesi che Abdelmajid Touil, il marocchino arrestato due giorni fa a Gaggiano (Milano) su mandato di cattura tunisino per l’attentato al Museo del Bardo di Tunisi, sarebbe stato in Italia sia nel giorno della strage che in quelli precedenti e successivi all’attentato in cui morirono 24 persone, tra cui 4 italiani. «Perché sono qui? Non capisco, non ho fatto nulla». È quello che va ripetendo intanto in cella Touil. Da quanto è trapelato il 22enne, in isolamento a San Vittore, continua fare questa domanda a chi ha avuto modo di incontrarlo, parlando arabo. Touil, da tre giorni al sesto raggio di San Vittore in una cella da solo, verrà interrogato dal giudice della quinta Corte d’Appello di Milano Pietro Caccialanza, dopo la convalida dell’arresto avvenuta nei giorni scorsi. Toccherà al giudice effettuare l’identificazione formale e chiedere a Touil, difeso dall’avvocato Silvia Fiorentino, se ha dichiarazioni da rendere e se intende dare il consenso all’estradizione. Consenso che certamente non darà. Dai primi accertamenti del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e degli investigatori del Ros e della Digos, verrebbe comunque escluso il coinvolgimento del 22enne come esecutore materiale, proprio per l’alibi della sua presenza nell’hinterland milanese anche il 19 marzo, giorno successivo all’agguato al Museo da parte dei fondamentalisti islamici. Ciò non vuol dire, tuttavia, che Touil non possa aver avuto un altro ruolo nella pianificazione e nella progettazione del blitz rivendicato dall’Isis e per questo gli approfondimenti dei pm milanesi – che poi trasmetteranno gli atti alla procura di Roma che indaga sulla strage nella quale sono morti anche quattro italiani – proseguono con l’ascolto di numerose persone informate sui fatti e con l’analisi dei tabulati telefonici. Anche per ricostruire i movimenti del marocchino tra l’arrivo in Italia su un barcone lo scorso febbraio e l’arresto di due giorni fa. Ad ogni modo, i primi atti d’indagine degli inquirenti milanesi smentirebbero le ricostruzioni fornite dai media tunisini, secondo i quali il 18 marzo il marocchino non solo sarebbe stato a Tunisi, ma avrebbe anche incontrato i due terroristi poi uccisi dalle forze speciali al museo e con loro si sarebbe diretto verso il Bardo. «Il 16 e il 19 marzo il ragazzo era in classe», ha raccontato, invece, Flavia Caimi, docente dell’istituto R. Franceschi di Trezzano sul Naviglio (Milano), dove Touil frequentava un corso di italiano. E riscontri sul punto sono arrivati anche da diversi testimoni, non solo da amici e familiari del giovane. E poi ci sono i quaderni che il marocchino avrebbe usato anche quel giorno e i registri della scuola con le sue firme, sequestrati dagli investigatori.
«Abbiamo eseguito un mandato di arresto internazionale sulla base di indagini svolte in un altro Paese», ha spiegato il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il quale ha chiarito anche che «un mandato di arresto internazionale non è competenza italiana». Il titolare del Viminale nell’informativa alla Camera ha fatto presente che va comunque chiarito quale ruolo nella strage «abbia effettivamente svolto Touil», che è «gravemente indiziato». Il marocchino potrebbe, infatti, aver fornito supporto logistico o messo a disposizione armi e, in ogni caso, sono ancora in corso verifiche per capire se abbia contribuito o meno alla preparazione e semmai da dove. Certamente i primi esiti degli approfondimenti investigativi hanno sollevato molti dubbi, anche perché il mandato di cattura internazionale contiene soltanto un elenco di capi d’accusa, senza alcun elemento più specifico su quello che avrebbe fatto quel giorno o nei giorni o mesi precedenti il marocchino. Le impronte digitali prese a Touil, poi, non sono ancora state comparate con quelle eventualmente a disposizione delle autorità tunisine o marocchine e anche per questo gli inquirenti hanno attivato canali di contatto con il Marocco.